Che fine ha fatto la semplicità?
Sembriamo tutti messi su un palcoscenico e ci sentiamo tutti in dovere di dare spettacolo.
Ascoltiamo musica per rilassarci, per trovare distrazione dai pensieri, per creare una particolare atmosfera, o, semplicemente, per apprezzare quello che è un prodotto artistico, frutto della ricerca e della passione di chi crea. Tante volte però siamo stati colpiti da un artista anche per la sua estetica, per lo stile, per il personaggio che, minuziosamente, gli viene cucito addosso, costruito in ogni suo movimento, parola e pensiero.
Sempre più spesso osserviamo la nascita di fenomeni musicali che velocemente raggiungono la celebrità a colpi di click, osannati da milioni di followers, tante volte rapiti più da ciò che il cantante rappresenta che dalla qualità della musica che propone. C’è chi cerca con il proprio look di esprimere la propria posizione in merito alla libertà sessuale, chi rappresenta nello stile dei propri video (o nel linguaggio dei propri testi) determinati modelli non sempre “ideali”, o chi vuole soltanto far parlare di sé, magari adottando look stravaganti, nella speranza di lanciare una nuova moda virale.
È allora lecito pensare che una buona parte (una grande parte) della discografia mondiale sia concentrata più sul valore dell’apparire a tutti i costi, in una partita in cui ormai non vince chi vende più dischi, ma chi raggiunge più visualizzazioni. Sì, perché ormai tutto è mosso dalla cultura dell’essere visti, sono lontani i tempi del cantautore trasandato, riservato e concentrato solo sulla propria musica.
Forse si tratta solo di accettare che i tempi sono cambiati, in un mondo che ci ha insegnato troppo spesso ad essere più belli che bravi, ad usare la provocazione per farsi notare, ad osare più nel mostrarsi vincenti mettendo da parte composizioni più di nicchia, il che spesso significa mettere da parte la verità in favore di una visibilità maggiore.
Di certo anche in passato era possibile vedere artisti dalla forte personalità stravagante che, oltre ad avere immense qualità cantautoriali, avessero anche la capacità di essere veri e propri animali da palcoscenico. Un esempio su tutti è presto dato dall’indimenticabile Freddy Mercury, riuscito nell’impresa di essere entrambe le cose, ma mostrando un evidente coincidere tra l’essere e l’apparire, in una personale autenticità.
Viene dunque da chiedersi quanta sincerità oggi ci sia nell’artista che a volte sembra porre le basi del suo successo più sulla visione di sé che sulla qualità della musica e dei contenuti, più che sulla semplicità dell’ascolto.
Probabilmente è impossibile separare del tutto lo show dalla musica, ma sarebbe il caso di non andare troppo oltre al confine che le separa, perdendo quello che dovrebbe essere il primario scopo di un vero musicista.